La nostra società evolve rapidamente e con essa anche le norme di diritto. Può capitare che nel momento in cui nascono nuove forme giuridiche alcuni diritti possano non essere tutelati in maniera opportuna e che il percorso si costruisca strada facendo, mano mano che le situazioni vengono a porsi in essere.

Uno dei maggiori cambiamenti per quanto riguarda la compagine sociale è il passaggio dal contratto matrimoniale alla convivenza. Anche la convivenza, come ben spiega il Notaio Busani, può essere regolata da un contratto.

I contratti di convivenza sono accordi con cui la coppia definisce le regole della propria convivenza, attraverso la regolamentazione dei rapporti patrimoniali della stessa ed alcuni limitati aspetti dei rapporti personali (ad es. la designazione dell’amministratore di sostegno). L’accordo può essere usato anche per disciplinare le conseguenze patrimoniali della cessazione della convivenza.

Possono essere stipulati da tutte le persone che, legate da vincolo affettivo, decidono di vivere insieme stabilmente (c.d. convivenza more uxorio). Più precisamente, ci si riferisce all’unione di vita stabile tra due persone legate da affetto che decidono di vivere insieme al di fuori del legame matrimoniale o perché è loro preclusa la possibilità di sposarsi (ad esempio, due conviventi dello stesso sesso) o perché è loro precisa volontà quella di non soggiacere al vincolo matrimoniale.

Il Notaio può essere un punto di riferimento importante nello stabilire e creare un contratto di convivenza, soprattutto quando nasce un’esigenza importante come una verifica successoria o l’acquisto di immobili. In questo caso entrambe le parti potranno essere tutelate in maniera concreta ed efficace e le sorti non saranno affidate al caso.

Il Notaio Busani esplicita gli effetti principali di questa tipologia di contratto:

È possibile disciplinare i diversi aspetti patrimoniali che riguardano:

  • le modalità di partecipazione alle spese comuni, e quindi la definizione degli obblighi di contribuzione reciproca nelle spese comuni o nell’attività lavorativa domestica ed extradomestica;
  • i criteri di attribuzione della proprietà dei beni acquistati nel corso della convivenza (potendo addirittura definire un sorta di regime di comunione o separazione);
  • le modalità di uso della casa adibita a residenza comune (sia essa di proprietà di uno solo dei conviventi o di entrambi i conviventi ovvero sia in affitto);
  • le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza al fine di evitare, nel momento della rottura, discussioni e rivendicazioni;
  • la facoltà di assistenza reciproca, in tutti i casi di malattia fisica o psichica (o qualora la capacità di intendere e di volere di una delle parti risulti comunque compromessa), o la designazione reciproca ad amministratore di sostegno.

Il contratto di convivenza prevede naturalmente il rispetto degli obblighi a carico delle parti che lo hanno sottoscritto e la possibilità di appellarsi ad un giudice in caso di violazione degli stessi.

Le parti possono riservarsi, con apposite clausole inserite nel contratto di convivenza, la facoltà di recesso. L’esercizio della facoltà di recesso potrà, a seconda di quanto pattuito dalle parti:

  • essere totalmente libero, ovvero essere subordinato al verificarsi di determinati eventi o condizioni;
  • essere gratuito o essere subordinato al pagamento, all’altra parte, di un corrispettivo (multa penitenziale).

La convivenza nasce da svariate esigenze personali e in particolare dalla necessità di avere relazioni basate sul principio di libertà e meno vincolanti. La disciplina contrattuale della stessa permette alla fine di espletare il fine ultimo della libertà basandosi su regole minime di tutela e di diritto volte a stabilire il principio di equità nelle relazioni umane.

(Fonte: notaiobusani.it)