La valuta virtuale è comparsa per la prima volta in un testo normativo nell’aggiornamento del Dlgs 231/2007 nel contesto degli obblighi di prevenzione del rischio riciclaggio che incombono su banche, assicurazioni e professionisti. Il legislatore ha preteso che nel momento in cui la valuta reale prende la via della criptovaluta – cioè al momento dell’acquisto di Bitcoin – deve rimanere traccia reale di chi investe nell’algoritmo. Trattandosi di una materia in via di evoluzione, nonostante Italia ed Europa in questo campo stiano svolgendo un ruolo attivo e pioneristico e data l’assenza di una regolamentazione da parte delle banche centrali, è necessario alzare l’attenzione e capire se il Notaio, laddove un immobile si dovesse pagare con Bitcoin, debba o meno fare una segnalazione di antiriciclaggio. La risposta che il Notariato ha suggerito per questo problema è che “il pagamento in criptovalute va segnalato all’Unità di Informazione Finanziaria (Uif)”. (ANSA).

Questa decisione è legata a diversi fattori:

  • il Bitcoin non è emesso da una banca centrale;
  • il Bitcoin è insicuro, in quanto il valore può oscillare in un arco temporale molto breve;
  • nell’ambiente criptovalutario il processo identificativo è una mera verifica di credenziali.

Soprattutto questa impossibilità di poter riscontrare in modo certo e sicuro le dichiarazioni di titolarità e l’effettivo benificiario della transazione hanno portato Il Consiglio Nazionale del Notariato a “suggerire” una segnalazione in caso di acquisto di immobili in Bitcoin. (ANSA)

Il campo del pagamento in criptovaluta tuttavia è in continua evoluzione e non mancano spunti per una organica regolamentazione della materia, ma in questa fase per il Notaio resta una prerogativa avere un atteggiamento di prudenza e tutela.

Fonti :ANSA; Sole 24 ore, Consiglio Notarile